Smettere di fumare – Le sei cose da sapere (ed altre da dimenticare)

Smettere di fumare – Le sei cose da sapere (ed altre da dimenticare)

 

Se l’abitudine al fumo fosse semplicemente portatrice di danno e malessere, il genere umano l’avrebbe abbandonata già da secoli. Invece no, il fumo di sigaretta costituisce ad oggi un problema sul quale si concentrano ingenti sforzi da parte delle istituzioni, delle associazioni e di semplici persone che lottano per la disassuefazione.

Ma il fumo, per certi versi, porta anche alcuni vantaggi (controllo del peso corporeo, socializzazione facilitata con gli altri fumatori, aderenza ad un modello che vede la sigaretta come strumento di emancipazione e passaggio all’età adulta…) che hanno fatto sì che fino ad oggi nel mondo vi sia ancora una quota consistente di fumatori, e tra questi, specialmente nel mondo occidentale, molti che tentano con alterne fortune di smettere.

Vorrei offrire una prospettiva diversa rispetto a quanto è comunemente noto a tutti, sia per offrire un modo nuovo di vedere le cose sia per interesse personale.

Anzitutto, la maggior parte delle guide e dei consigli che vengono forniti ai fumatori sono riassumibili in due grandi categorie : amplificazione del buonsenso e decondizionamento ripetuto.

Per amplificazione del buonsenso intendo tutti quei suggerimenti e quel tipo di dati a sostegno della cessazione che vengono forniti al fumatore, ma di cui mi permetto di mettere in dubbio l’efficacia ; quante volte abbiamo visto le statistiche (tutte uguali) che indicano come dopo venti minuti dall’ultima sigaretta la pressione sanguigna si normalizzi, dei metaboliti della nicotina completamente eliminati dopo tre giorni, di come dopo tre settimane si respiri meglio. Inoltre sono in atto campagne di prevenzione caratterizzate dalla presentazione di stimoli orripilanti, come le fotografie di un polmone dissezionato o di altri reperti anatomopatologici. Inoltre al futuro ex-fumatore viene raccomandato, con un approccio one size fits all (una misura per tutti), di fare almeno 30 minuti di attività fisica al giorno, di farsi un bagno caldo quando ansioso, di non mangiare il primo biscotto burroso a portata di mano ma dirigersi verso carote e sedani.

Per decondizionamento ripetuto invece mi riferisco ai libri più famosi per smettere di fumare, che in buona sostanza attribuiscono al fumo e alla nicotina ogni genere di aggettivo negativo, talvolta antropormofizzando la sostanza (Allen Carr chiama la nicotina “mostriciattolo” da uccidere attraverso l’astinenza). Ad ogni pagina viene ripetuto quanto sia inutile, dannoso, improficuo fumare, e suggeriscono al lettore di ingaggiare una lotta contro la compulsione che si viene a creare una volta cessata l’assunzione di nicotina. Molti di questi metodi citano percentuali di successo altissime. In poche parole, si mira a fare un lavaggio del cervello inverso rispetto a quello che il fumatore ha avuto nel corso della vita, in cui ha probabilmente (e implicitamente) associato il fumo all’accettazione sociale, al successo, al glamour, alla snellezza e agilità fisiche.

Mi pare però che nessuno di questi due approcci sia abbastanza sincero ed empatico nei confronti di un fumatore che medita di abbandonare la nicotina per vivere meglio. Mi pare eccessivamente normativo e semplicistico pensare che una carota soddisfi un bisogno orale precedentemente legato all’assunzione di una sostanza che ha effetti neurochimici molto evidenti.

Vediamo insieme cosa può essere utile e cosa può risultare controproducente..

  1. La preparazione è tutto! : smettere di fumare è una decisione che ritengo debba essere valutata e ponderata per tutto il tempo necessario. Buttare il pacchetto pieno e andarlo a recuperare dopo poche ore per mancanza di un piano d’azione non è molto utile. Già il semplice pensare ad una intenzione è un enorme passo avanti. Avvicinarsi confortevolmente al giorno in cui si decide di smettere è un percorso che può richiedere molto tempo, ma non sarà certamente tempo sprecato. Anche considerato il fatto che…
  2. Il cosiddetto “stile di vita” va modificato già prima di smettere : il modo più facile per eliminare una dipendenza.. è il crearne un’altra. Una però che sia vantaggiosa per la persona, che non richieda esagerato investimento di risorse e produca un certo grado soddisfazione immediata. Certamente l’esempio più immediato è quello dell’attività fisica : consideriamo un allenamento aerobico leggero, come quello suggerito ovunque e comunque da giornali e mass media. Non è necessario smettere di fumare per iniziare l’attività fisica, poiché questo aggiungerebbe ulteriore stress : non solo abbiamo smesso di fumare ma inoltre ci accingiamo a iniziare una attività che magari non abbiamo mai praticato. Penso possa essere più utile un periodo di transizione (anche di un paio di settimane o mesi) in cui si prenda contatto con quella che sarà poi la “nuova dipendenza” a cui agganciarsi saldamente. Ricordiamo che le abitudini sono soltanto neural pathways (percorsi neurali) molto salienti, e progressivamente possono essere resi meno accessibili interrompendo volontariamente l’abitudine e lasciando che il tempo (e la riorganizzazione funzionale del cervello) facciano il loro lavoro. E a proposito di tempo…
  3. Il tempo è un fattore importantissimo nella cessazione del fumo: le prime settimane potrebbero essere terribili, oppure no. Le statistiche che si leggono sono soltanto.. statistiche. Non rappresentano integralmente ed esaurientemente tutta la popolazione. Alcuni dati sono certamente esatti (ad esempio il tempo approssimativo di smaltimento della nicotina), altri sono approssimativi (come le settimane necessarie per riottenere un sonno ristoratore o una buona funzionalità intestinale). A partire dalla mia esperienza e da quella di persone con cui sono in contatto, è ipotizzabile che servano almeno un paio di mesi per non sentire l’impellenza di fumare, poter dormire bene, ottenere i primi vantaggi della cessazione. Per quanto sia necessario astenersi totalmente dall’assunzione di nicotina (sembra scontato ma c’è un grande business farmacologico che si propone di far smettere di fumare somministrando la molecola nicotina in forma di cerotti o compresse), la prospettiva temporale più realistica è quella del “anche oggi non ho fumato”, piuttosto che del “ho smesso per sempre”. Le ricadute sono normali e frequenti, ma ogni periodo di astensione più o meno lungo è un grande successo rispetto al mantenimento dell’abitudine del fumo. Ma passando ai benefici..
  4. Escludere integralmente le aspettative miracolistiche : il fumo ostacola le funzioni respiratorie, è implicato nella genesi di molti tipi di cancro, peggiora le condizioni ansiose e fa invecchiare precocemente nell’aspetto fisico. Questi sono aspetti universalmente condivisi, scientificamente comprovati, e molti altri effetti infausti sul corpo e sulla mente sono già noti da tempo. Capita però che le stesse statistiche di cui sopra inducano a pensare che una volta smesso di fumare, le condizioni di salute migliorino fino ad un livello sovrannaturale, donando superpoteri di cui prima si ignorava l’esistenza (il super-olfatto, i denti bianchi abbaglianti, la resistenza fisica erculea..) e garantendo l’immortalità. Ci si dimentica però che smettere di fumare, per quanto sia un obiettivo primario nella vita di qualunque fumatore odierno, non può donare ciò che il nostro bagaglio genetico non ci ha fornito. Intendo dire con questo che i benefici sono sicuramente tangibili, ma in rapporto alle nostre possibilità al netto del danno del fumo : una pelle geneticamente predisposta all’invecchiamento precoce è certamente inficiata dal fumo, ma smettere di fumare non dona nessun “effetto lifting”, così come una persona asmatica per cause non allergiche difficilmente avrà una funzione respiratoria più che ottimale anche quando avrà smesso di fumare sigarette. Escludendo le aspettative miracolistiche e godendosi i benefici che ogni singolo corpo può ottenere dalla cessazione è un modo di vedere le cose più realistico e che predispone meno alla delusione per non aver ottenuto ciò che invece si pensava di ottenere. Così facendo si è anche meno propensi a ricominciare, dato che le aspettative legate alla cessazione erano in partenza realistiche e moderate. E a proposito di moderazione…
  5. Ci saranno dei chili in più, anche molti : una delle prime cose che avvengono dopo aver smesso di fumare è l’aumento del peso corporeo, anche non modificando la propria dieta. Fino a qualche anno fa si pensava che questo aumento fosse modesto, limitato, intangibile ma di recente uno studio (che trovate qui : ( http://www.bmj.com/content/345/bmj.e4439 ) ha confermato l’impressione che molti ex fumatori avevano : l’aumento di peso medio dopo un anno di cessazione dal fumo è di 4/5 kg, e la maggior parte dell’ingrassamento avviene nei primi tre mesi di astensione. Ricordiamo che la nicotina, tra le altre funzioni, ha anche quella di soppressore dell’appetito e di accelerazione del metabolismo. Dal momento che un certo aumento di peso è inevitabile, risulta più opportuno prevedere questa eventualità e sviluppare strategie in anticipo, come quella già citata dell’attività fisica e il controllo della propria alimentazione. Considerato il fatto che l’attività fisica è un modo molto inefficace per perdere peso (basti pensare che due ore ininterrotte di cyclette a velocità media consumano approssimativamente 900 k/cal, equivalenti a circa 200g di M&M’s all’arachide), il focus andrà prevalentemente incentrato sull’alimentazione. In tal senso sì, le carote di cui sopra possono avere un ruolo al posto dei burrosi biscotti, purché risultino preparate in modo appetitoso e non vengano considerate come punitive e insapori. L’attività fisica aiuterà il benessere psichico e il tono muscolare, ma la sfida principale rimane quella a tavola. Peraltro, una normalizzazione del peso corporeo generalmente viene a verificarsi dopo circa un semestre. E per concludere, parlando di sfide…
  6. Nel primo periodo tutto sarà irritante, deprimente, insoddisfacente : è normale prendersi un po’ di tempo lontani dalle attività stressanti appena smesso di fumare. Ci sono ottime questioni neurochimiche legate all’irritabilità iniziale, alla depressione che insorge (esito, tra gli altri, di un ribilanciamento dei neurotrasmettitori dopamina e serotonina) e al senso di vuoto incolmabile che deriva dalla mancanza della sigaretta. Non a tutti accade così, e certamente si può sperimentare di persona che dopo sei mesi/un anno il pensiero della sigaretta è giusto una associazione fugace, un ricordo, non più un craving intenso (desiderio improvviso). Anziché pensare che l’unica soluzione sia il bagno caldo, il film allegro, la corsa a regime sostenuto credo sia utile sfruttare a nostro vantaggio il periodo di irritabilità e depressione per interrogarsi sulle emozioni : cosa provo in assenza della sigaretta in questo momento? Come mai sono così irritato verso questa persona? Tante volte si scoprirà che il fumo ha semplicemente “coperto” molte situazioni ed emozioni apparentemente ingestibili come la noia, l’eccitamento, l’angoscia. Smettere di fumare è un ottima occasione per riprendere possesso delle proprie emozioni, anche e specialmente quelle che stanno al di sotto di tentativi antidepressivi (come il cibarsi di alimenti zuccherini o molto calorici senza consapevolezza). Lo scenario emozionale che potrebbe profilarsi può anche darsi che non ci piaccia, ma sarà necessario fronteggiare integralmente queste emozioni anziché coprirle o disconoscerle. Chiedersi sempre “come sto?” e “cosa potrebbe rendermi felice?” penso abbia sempre senso, e ne acquisisce ulteriormente in un momento di temporanea e reversibile vulnerabilità emotiva. Una persona certamente più famosa di me ha coniato lo slogan “Provare.. per credere”. Mutuo da lui questa frase, e la unisco a “Yes, we can”. Comunque vada sarà un successo.

Una nota finale..

Queste considerazioni tengono conto delle possibilità di riuscita e del quadro emozionale di una persona mediamente equilibrata. Ci sono condizioni in cui la cessazione dal fumo risulta molto difficile e quasi impossibile : la depressione maggiore -e in generale i quadri depressivi- rende più complicato smettere, ma non impossibile. Per alcuni sarà necessario un approfondimento medico diagnostico nel caso di problemi fisici insorti dopo aver smesso, per altri potrebbe risultare facile disassuefarsi e non ricominciare. Informarsi prima di intraprendere ogni decisione importante è indispensabile, così come lo è sviluppare strategie (adattive) per ognuno di noi.

 


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