Agitati? Niente panico! Cinque consigli rapidi per gestire gli stati ansiosi

Agitati? Niente panico! Cinque consigli rapidi per gestire gli stati ansiosi

 

Convivere con un disturbo d’ansia, sia esso cronico o transitorio, è certamente faticoso, stressante e quasi comparabile ad un lavoro a tempo pieno : il corpo invia segnali indecifrabili e preoccupanti, la mente vaga verso lo scenario più catastrofico possibile, un rumore meccanico diventa certamente indicatore di imminente disastro, si pianificano itinerari senza gallerie (senza viadotti, senza pendenze, senza curve o senza rettilinei, tanto per citare alcune situazioni ansiogene e altamente preoccupanti) e si ha la convinzione viscerale che in ogni caso, appena la testa gira e i sudori freddi ci sorprendono, la soluzione migliore sia la fuga immediata.

Non sorprende che negli anni siano stati sperimentati molti possibili interventi per la gestione degli stati ansiosi, siano essi scientificamente basati che derivanti da una certa parte della psicologia che trae ispirazione da altre suggestioni culturali (es. visioni “olistiche” della persona, sbilanciamento dei centri energetici…etc).

Il desiderio della persona ansiosa è quello di liberarsi per sempre dall’ansia, o almeno questo crede.

Sembra opportuno quindi fornire subito una “rassicurazione” : dall’ansia nessuno può liberarsi in modo permanente, dato che si tratta di una condizione con correlati fisiologici e non dipendente soltanto dalla propria percezione di tranquillità e pace, e sarebbe controproducente rimanere sempre in uno stato di placida inattivazione, perché gli stessi meccanismi che modulano le risposte ansiose sono anche quelli che ci permettono di avere riflessi pronti e di attaccare (o fuggire velocemente) in caso di pericolo alla propria o altrui incolumità.

Prima di passare ai cinque punti centrali in questo breve articolo, vorrei poter fare chiarezza su una questione terminologica che appare spesso un po’ confusa nei pazienti : attacco di panico versus ansia acuta.

Nell’attacco di panico si verificano reazioni improvvise, violente, incontrollabili e apparentemente prive di causa scatenante, che coinvolgono il corpo (nello specifico, l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e l’abbondante circolazione di adrenalina) e la mente (le cui funzioni superiori vengono completamente obliterate e l’unico messaggio al quale è necessario fare attenzione è : sàlvati dalla morte certa). Questo tipo di attacco è per sua natura imprevedibile, viene percepito come una disfunzione allarmante del corpo (può sembrare davvero un infarto) e sfocia quasi sempre nel soddisfacimento impulsivo del bisogno di attacco o fuga. La sensazione di angoscia fortissima e di morte imminente lo distingue da ogni altro tipo di acutizzazione ansiosa.

Nell’ansia acuta invece possono presentarsi caratteri molto simili all’attacco di panico vero e proprio, ma la causa scatenante è spesso rinvenibile, e sebbene possa risultare sovrapponibile ad uno stato di panico, non c’è quel tipo di sensazione angosciosa viscerale, ma più una forte preoccupazione. L’ansia acuta è lo stato più consueto che si verifica dopo un attacco di panico : diventa ansia per l’ansia. Fortunatamente in entrambi i casi si può fare qualcosa, a patto di essere disposti a mutare per un momento la propria prospettiva nei confronti dell’ansia.

  1. Un disturbo d’ansia ha sempre ottimi motivi per manifestarsi : esiste una predisposizione genetica/costituzionale all’ansia, così come la esiste per la depressione bipolare, per l’alcolismo, per la schizofrenia. Questo però non costituisce l’unico fattore che faccia emergere un disturbo ansioso. Secondo la prospettiva psicodinamica contemporanea, l’attacco di panico (l’ansia acuta) è un modo brutale che ha il nostro inconscio di far giungere alla nostra coscienza un messaggio di attenzione che non potrebbe arrivarvi in nessun altro modo : stai vivendo genuinamente la tua vita? Stai negando la rabbia per rimanere compiacente? Sotto una maschera scintillante si trova in realtà invidia e rancore che pensi mai debbano essere manifestati? Pensi che tutto debba rimanere sotto il tuo controllo? Queste sono soltanto alcune delle domande che il nostro inconscio probabilmente ci farebbe, se avesse gli strumenti per farlo in modo semplice. Invece no, e l’attacco di panico diventa la spia rossa più luminosa dell’abitacolo, con tanto di suoni e lampeggiamenti. È il caso di fermarsi un momento e chiamare i soccorsi.
  2. Mindfulche? : la mindfulness (particolare strategia di meditazione quotidiana da praticare in uno stato di veglia e promossa principalmente dal dr. John Kabat-Zinn) sta diventando oggi ciò che è stato il training autogeno e l’aerobica con scaldamuscoli negli anni ottanta : un qualcosa di non esattamente comprensibile, ma della cui efficacia siamo certi, dato che se ne parla così tanto. Nel caso specifico dell’attacco di panico, la mindfulness, una volta “sgrassata” dei mille aggettivi e delle centomila perifrasi che la definiscono, può essere utile nel suo concetto centrale : la consapevolezza accettante dell’esperienza presente. Ovverosia, non c’è nessun bisogno di scappare con la mente da un’altra parte quando ci si sente ansiosi, poiché questo rinforzerebbe l’ansia. Una delle principali chiavi di volta nel superamento dei disturbi d’ansia è quella costituita dall’accettazione del fatto che per quanto il corpo urli e minacci di disattivarsi improvvisamente, o di farci impazzire, o di renderci ridicoli in pubblico, questo non corrisponde ad un reale pericolo. E ancora, se proprio è necessario distrarsi dall’angoscia e dall’agitazione improvvisa, facciamolo in modo mindful ma rimanendo ben consapevoli che ogni attacco d’ansia è circoscritto nel tempo (cioè non può durare ore o giorni interi) : concentriamoci su qualcosa che ci circonda e analizziamolo in modo approfondito usando tutti i sensi. Panico in metropolitana? Proviamo a concentrarci su un sedile, sulla sua fattura, forme, colori, sensazioni che ci evoca, associazioni mentali. È probabile che in poco tempo l’ansia sia passata senza bisogno di scappare o allarmarsi troppo!
  3. Distinguere le cause scatenanti e capire chi ha generato cosa : ammetto che forse non si tratti di un punto facile da comprendere ma cercherò di essere quanto più lineare possibile. Ci sono attacchi d’ansia che emergono dopo una manifestazione corporea di malessere lieve (es. l’attacco di panico dopo l’arrivo di una cefalea), mentre ce ne sono altri che possono generare malesseri che a loro volta rinforzano l’ansia iniziale (es. uno stato di continua preoccupazione per l’arrivo di un altro attacco di panico genera un irrigidimento dei muscoli cervicali che a loro volta mettono in allarme e diventano ulteriore fonte di ansia). Provare a comprendere la causalità degli attacchi di ansia è molto utile anche se a volte complicato, ma può servire per capire come ognuno reagisca ai segnali del corpo, e intervenire preventivamente. Se il mal di testa preoccupa così tanto, un buon compromesso temporaneo potrebbe essere quello di assumere un analgesico ai primi sintomi. Allo stesso modo, se percepiamo l’arrivo di un qualche disturbo corporeo e ci sentiamo molto agitati, cerchiamo di capire il nesso tra l’agitazione presente e la possibile comparsa di dolori, fastidi, sintomi strani, così da provare a tranquillizzarci evitandone l’occorrenza.
  4. Il paziente è il miglior diagnosta di sé stesso : quando le persone ci descrivono il loro disturbo d’ansia, spesso lo fanno con ricchezza di dettagli e abbondanza di informazioni. Aiutare a sviluppare nelle persone sofferenti uno spirito di curiosità può aiutare in modo davvero tangibile nella creazione di un percorso di gestione della propria ansia. Dal racconto possiamo trarne inferenze sui vissuti, sulle relazioni interpersonali, sul modo abituale di fronteggiare l’angoscia. Trovare significati con il terapeuta è importante tanto quanto apprendere qualche strategia da usare in caso di emergenza. Vedere cosa c’è sotto ad un disturbo d’ansia può essere lungo e doloroso, poiché potrebbe coprire altre questioni personali, ma è l’unico modo per eliminare la causa scatenante (non certo l’ansia, come già detto in precedenza) ed evitare un intervento meccanico e direttivo focalizzato solo sui sintomi. Alle persone che soffrono di ansia mi viene spontaneo dire : siate curiosi in merito alla vostra agitazione, rimanete osservatori partecipanti, fate ipotesi e verificatele. Questo aiuta anche a rimanere consapevoli ma sufficientemente distaccati durante un attacco di ansia : come faccio ad essere del tutto angosciato se nel frattempo “giro”, “manipolo”, “fotografo”, “registro” questo attacco come fosse un reperto?
  5. Farmaci, erbe, gocce, pietre magiche e amuleti : tutto ciò che possa aiutare a tollerare un attacco d’ansia ha un senso. Un senso temporaneo, però. Infatti, se il desiderio di una persona ansiosa fosse quello di essere rassicurata assumendo due gocce di ansiolitico durante uno stato di forte agitazione, certamente non vivrebbe come un problema l’uso continuo di tranquillanti. Lo stesso si può dire di tutti quei feticci che aiutano illusoriamente a sentirsi meglio. L’obiettivo di ogni trattamento psicoterapeutico di orientamento psicodinamico focalizzato sull’ansia è quello di una risoluzione sintomatica, di una attribuzione di senso a quanto accaduto al paziente, di una maggiore e stabile autonomia personale che quindi permetta di vivere senza tranquillanti, erbe, gocce, pietre magiche e amuleti. O meglio, possono sempre rimanere nella vita quotidiana, ma non sono indispensabili per veleggiare durante i momenti ansiosi (..o tristi, o noiosi). In buona sostanza, il panico ci spaventa perché sembra incontrollabile e onnipotente : ha il potere di rinchiuderci in casa, impedirci di guidare e muoverci, di parlare con gli altri ed uscire. Ma questo è il potere che gli si attribuisce, e non quello che effettivamente possiede. Che lo si voglia paragonare ad un urlo nella notte, ad una spia accesa nell’abitacolo, ad un segnale dagli abissi, ci richiede in ogni caso di essere ascoltato . Magari ha qualcosa di utile da dirci, qualcosa che preferiremmo dimenticare, qualcosa che pensiamo di non poter risolvere. Tutto ciò che “copra” l’ascolto di questo urlo, per quanto terrificante possa essere, fa sì che non ci si senta assordati sul momento, ma è certo che l’urlo tornerà fin tanto che non saremo capaci di tollerarlo in tutta la sua forza, facendolo scaricare e iniziando a distinguere parole, concetti, suggerimenti.


Concludo citando un articolo già di qualche anno addietro (2001) che dimostra come il trattamento breve di orientamento psicodinamico possa risultare veloce nell’eradicazione dei sintomi di ansia e panico (oltre che in questo specifico caso anche depressione) e di come i risultati si mantengano stabili nel tempo (24 sedute totali, 2 sedute alla settimana) . Mi sembra opportuno ricordare sempre che per ogni paziente esiste un approccio diverso, più adatto al suo stile, alle sue preferenze, alla sua personalità, e sono fortemente convinto che approcci diversi portino spesso agli stessi risultati positivi. È però anche indispensabile -per onestà intellettuale- evidenziare come l’approccio psicodinamico si presti al trattamento anche breve di patologie molto importanti per la qualità della vita delle persone, e che probabilmente sia da rivalutare obiettivamente, per uscire da quella visione caricaturale da “lettino”, “analisi interminabile”, “analista mutacico” che trova il suo contraltare nella visione di altri modelli terapeutici come “fissati sui compiti a casa”, “che non prevedano l’inconscio”, “gli unici scientificamente validati”.


Bibliografia :

Milrod, B., Busch, F., Leon, A. C., Aronson, A. (2001). A pilot open trial of brief psychodynamic psychotherapy for panic disorder. The Journal of psychotherapy practice and research, numero 10, volume IV, pag 239.


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