“Vai dallo psicologo ma sei ancora una str…a” – Utili note per tracciare l’andamento di una psicoterapia

“Vai dallo psicologo ma sei ancora una str…a” – Utili note per tracciare l’andamento di una psicoterapia

 

Avrei volentieri evitato l’uso del termine “str…a”, ma è stato proprio quello che il marito di una paziente in cura da una collega ha proferito. Dopo circa sei mesi di trattamento ad una seduta la settimana, così si è espresso il coniuge in merito ai risultati ottenuti dalla moglie. La natura del problema che ha spinto la signora a recarsi da uno psicoterapeuta è relativo ad alcune asperità nelle sue relazioni interpersonali e familiari, in piena coerenza con alcuni tratti della personalità che combinati a un particolare modo di esprimersi, producono una sintesi molto superficialmente definibile come “essere str…i”.

Io e la collega ci siamo quindi interrogati su una serie di aspetti legati all’inizio di una terapia psicologica, e in particolar modo su cosa possa essere definibile come progresso tangibile ; in alcuni casi l’inizio o la cessazione stabile di una specifica attività può essere definito progresso. Si pensi ai disturbi alimentari, in cui la ripresa di una alimentazione più regolare è certamente un -talora temporaneo- successo, oppure ad un disturbo di ansia generalizzata, certamente meno invalidante se la persona dopo un congruo lasso di tempo riesce, anche a fatica, a spostarsi autonomamente nello spazio urbano. Alcuni disturbi portano con sé dei segni e dei sintomi talmente evidenti che una loro attenuazione o eliminazione può essere considerato un progresso, ed anche un successo.

A livello teorico, e partendo da considerazioni di buon senso, che dovrebbero auspicabilmente precedere la letteratura scientifica in proposito, si può affermare che :

  • sia utile in fase iniziale definire con il paziente quali siano le sue aspettative e quelle delle persone che lo circondano in merito alla psicoterapia
  • concordare su ciò che possa essere considerato progresso e ciò che invece costituisca un temporaneo regresso (es. “l’ansia è scomparsa” versus “ho avuto di nuovo un attacco di panico”)
  • rivalutare periodicamente i risultati ottenuti : alcune problematiche sono per loro natura meno scomponibili in indicatori tangibili piuttosto che altre (es. per i disturbi dell’alimentazione gli indicatori tangibili potrebbero essere l’induzione del vomito, la restrizione calorica, l’utilizzo di lassativi.. etc) ma è possibile trovare insieme al paziente un “qualcosa” che possa certificare l’andamento della psicoterapia
  • cercare di essere chiari sulle tempistiche dell’intervento, trovando una buona sintesi tra il diritto del paziente a poter quantificare l’investimento in risorse (economiche e temporali) e l’evitare di deprimerlo con prognosi esageratamente infauste

Considerati questi aspetti, cerchiamo di attenerci alla paziente della collega per tracciare un ipotetico profilo del suo “essere str…a”, e capire cosa abbia spinto il marito ad esprimersi in maniera così vocale nei confronti della percepita mancanza di progressi della moglie, in piena tutela della privacy, naturalmente.

  1. La paziente potrebbe avere un disturbo della personalità che la porta ad avere relazioni interpersonali e familiari turbolente, instabili, insoddisfacenti e complicate : dal momento che l’origine dei disturbi della personalità risiede in una combinazione peculiare tra ambiente di vita, esperienze primarie di accudimento, temperamento e predisposizione genetica, la prognosi sarà inevitabilmente meno fausta rispetto ad un disturbo lieve dell’umore o di ansia.
  2. I disturbi della personalità richiedono tempi più lunghi poiché, a seconda del modello terapeutico di riferimento, si lavora sulla riedizione dello stile relazionale patologico con il terapeuta (che sarà in grado di non colludere con parti immature della paziente, ad esempio, e cercare con i propri interventi di aumentare la consapevolezza della paziente), si compie una indagine biografica per capire a quale punto dello sviluppo possano essere insorti i problemi che hanno generato il disturbo, ci si focalizza su un aumento della capacità di tollerare le emozioni (di qualunque tipo esse siano) e comunicarle in un contesto protetto come quello dello studio dello psicologo. Per poter compiere tutto ciò, è necessario che il paziente si senta sufficientemente a suo agio da potersi esprimere senza censure.
  3. Sarebbe necessario capire che cosa il coniuge intenda per “str…a” : un linguaggio svalutante e abrasivo? La poca disponibilità alle attenzioni fisiche? L’evitamento delle proprie responsabilità come genitore? Come è facile capire, ognuna di queste manifestazioni è legata ad aspetti diversi della personalità e del modo di gestire le relazioni umane.
  4. La paziente potrebbe avere ottimi motivi per essere “str…a” con il marito : una reazione cronicizzata a mancanza di attenzioni, episodi di abuso, tradimento, costante svalutazione…etc
  5. La paziente potrebbe ottenere maggiori vantaggi dall’essere “str…a” piuttosto che “moderatamente amabile” : esiste talora una equazione implicita tra l’essere “str…i” e l’ottenere ciò che si vuole, specialmente in alcuni ambienti lavorativi o contesti sociali in cui la prevaricazione aggressiva viene ritenuta indispensabile e preferibile ad uno stile cooperativo. Allo stesso modo, può essere possibile che il mostrarsi bellicosi e arrabbiati consenta alla donna di ottenere disciplina dai figli e attenzioni dal marito tra le mura domestiche. Mettere in discussione questo aspetto di sé la porterebbe a perdere anche i vantaggi ottenuti.
  6. Alla terapeuta viene inconsciamente assegnato un ruolo salvifico e idealizzato, che in realtà nasconde il desiderio di mantenere lo status quo da parte di un coniuge o l’altro, o entrambi : “se lei è capace di rendermi meno str…a, allora ho fatto bene a rivolgermi a lei, anche se una parte di me si spende affinché io rimanga la solita str…a”. Di fronte ad un compito così arduo è difficile riuscire ad ottenere ciò che la paziente desidera, ed è indispensabile lavorare sull’ambivalenza, il che richiede molto tempo.
  7. Potrebbe esistere, last but not least , un problema di compatibilità tra la terapeuta e la paziente che non consente la solidificazione di una alleanza terapeutica tra le parti.

Questi sono soltanto alcuni dei fattori che ipoteticamente si possono considerare in riferimento ad una paziente “str…a” e ad un marito che non vede risultati nella moglie dopo pochi mesi di psicoterapia. A lui e alle altre persone che si stanno rivolgendo a uno psicoterapeuta o ad uno psicologo e che paiono non vedere risultati, possiamo dire che :

  • Risulta davvero molto utile definire fin dall’inizio quale sia il problema di maggiore urgenza e quali possano essere considerati indicatori condivisibili di miglioramento
  • Un intervento di psicoterapia a orientamento psicanalitico che non sia dichiaratamente definito come “psicoterapia breve” ha durata minima di un anno con frequenza settimanale o più frequentemente bisettimanale
  • In taluni selezionati casi, la terapia farmacologica di supporto può accelerare la remissione dei sintomi ma non ne elimina la causa soggiacente, che è il focus primario della terapia psicologica (nel caso si tratti di disturbi sensibili all’intervento degli psicofarmaci)
  • Esistono sempre momenti di progresso anche veloce e temporanee stasi, così come di regressione : a tale proposito è bene ricordare che spesso un peggioramento improvviso può essere seguito da un miglioramento seguente
  • Stime precise a livello di tempi e durate sono altamente inattendibili dato che può accadere che in seguito alla remissione dei sintomi più vistosi segua il passaggio ad un livello più profondo di esplorazione dei vissuti
  • Per evitare lo sconforto nei casi in cui sia necessario tollerare la frustrazione in merito ai progressi che -apparentemente- tardano ad arrivare, può essere utile pensare a quanto tempo è passato tra l’insorgere del problema e la decisione di intraprendere un percorso psicologico : questioni precocissime sulle quali si è strutturata la personalità (e una vita intera) non sono affrontabili in un lasso troppo ristretto di tempo, sia per questioni tecniche (legate alla necessità di ampliare la consapevolezza nel paziente e la sua capacità di fare buon uso delle informazioni in merito al proprio problema senza esserne eccessivamente turbato) sia per l’enorme mole di materiale che spesso emerge spontaneamente nelle sedute, costituito dalle narrazioni del paziente e dai suoi vissuti, indispensabili anche per ricostruire storicamente gli avvenimenti

Al marito della signora, che chiede come mai la moglie sia ancora “str…a” dopo qualche mese di terapia, ci sentiremmo di suggerire ironicamente di utilizzare una metodologia più scientifica : riproporre la stessa domanda a sei mesi, un anno, due anni di tempo dall’inizio dell’intervento, e trarre così conclusioni più “scientificamente basate” sull’efficacia della psicoterapia in merito alla moglie.

 


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