Cosa rende una psicoterapia efficace? Uno studio sui fattori favorevolmente prognostici
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Partiamo da una riflessione che possa essere di comune risonanza : rivolgersi ad uno psicoterapeuta non è facile. Solitamente ci si arriva dopo molti tentennamenti, reticenze, titubanze. Ci sono molti dubbi legati al primo contatto e all’eventuale inizio di un percorso di durata variabile. A volte si preferisce pensare che il nostro problema sia transitorio, o che non sia così grave come sembra, o ancora che forse dovremmo davvero consultare quello psichiatra che ha riportato in vita la nostra lontana parente che era molto depressa attraverso la somministrazione di antidepressivi a dosaggio pachidermico (considerato anche che adesso la cara congiunta, in piena eutimia , ha assunto anche le forme di un pachiderma a causa degli effetti collaterali degli SSRI)
Prima di telefonare a uno psicoterapeuta può passare molto tempo…
Consideriamo anche il fatto che la nostra professione viene spesso (erroneamente) ritenuta come accessoria , opzionale, differibile . Aggiungiamo un ulteriore livello di complessità se pensiamo al fatto che coesistono filoni teorici molto divergenti tra loro, che connotano in maniera molto peculiare le psicoterapie : una psicoterapia lacaniana è molto diversa da una freudiana, che a sua volta è distinta da una cognitivo comportamentale.
Credo che uno psicologo od uno psicoterapeuta compia una omissione particolarmente seria se non imposta il proprio lavoro alla luce della sua esperienza di paziente. Infatti, per quanto le finalità e la disposizione personale siano state diverse, anche noi abbiamo ricoperto (o attualmente ricopriamo) il ruolo di pazienti e di allievi.
Penso si possa trovare un terreno comune tra l’utenza, della quale facevamo parte, e abbozzare un primo schema dei bisogni condivisi a cui ci aspettiamo ci venga data risposta :
- Una risoluzione o un alleviamento dei sintomi
- La sensazione di essere compresi e non giudicati anche negli aspetti più peculiari
- Acquisire la capacità di tollerare meglio le proprie condizioni disagevoli, anche una volta concluso il percorso
- La ragionevole certezza che il terapeuta (la terapeuta) ci ascolti con attenzione e ricordi con ricchezza di dettaglio almeno una gran parte di ciò che gli abbiamo raccontato in privatezza
Immagino poi che si possa concordare anche su alcuni aspetti contestuali, tra cui :
- Il poter concordare obiettivi chiari e rivalutarli nel tempo
- Il potersi permettere le sedute (o la partecipazione alla terapia di gruppo) sia in termini economici che di tempo
- La possibilità di accordarsi qualora fosse necessario contattare il terapeuta al di fuori della seduta
I bisogni, le aspettative, le questioni del paziente che si accinge ad iniziare un percorso terapeutico sono molte e variegate : è implicito (anzi, rendiamolo adesso esplicito) che non tutte le necessità possano trovare accoglimento, ma la semplice “contrattazione iniziale” costituisce già un momento di scambio e sintonizzazione tra le due parti.
Affermo che i pazienti siano i nostri datori di lavoro, e che sia indispensabile cercare di avvicinarsi ai bisogni dell’utenza in modo fattivo e -per quanto possibile- scientificamente basato. È un errore pensare che i pazienti si debbano plasticamente adattare alla terapia (e intendo anche nelle sue accezioni mediche e farmacologiche) senza porre nessuna questione. Vorrei in questo contesto affrontare oggi una tematica che mi interessa molto, e che penso possa essere utile a chiunque, sia esso un potenziale paziente, un paziente attuale o un ex paziente : desidero parlare dei fattori prognostici favorevoli che possono costituire la “buona stella” grazie alla cui guida una terapia risulti efficace, gratificante e rispondente ai bisogni.
…anche perché è davvero molto difficile che un paziente od un terapeuta ammettano che la terapia non sta funzionando..
..se non nei casi in cui, ex post, si rifletta sul perché le cose non siano andate. È preziosissimo riflettere sulle cose che non hanno funzionato almeno quanto riflettere sui buoni momenti : per il paziente è un arricchimento, ma per il terapeuta è il combustibile primario per il miglioramento professionale ed umano.
Facciamo un passo indietro : che cosa sono questi fattori prognostici favorevoli? Ovvero più semplicemente, quali sono gli aspetti che dovrebbero essere presenti nella relazione terapeutica per farla funzionare al meglio?
Per tentare di rispondere a questa domanda, ho deciso di fare una breve meta analisi (ossia produrre un riassunto della letteratura scelta su questa tematica), accorgendomi che in particolare negli Stati Uniti esiste un notevole interesse per questa tematica, anche come occasione di mutare e raffinare le pratiche psicoterapeutiche.
Espongo quindi i risultati per punti, nella maniera più chiara possibile, e tralasciando aspetti secondari di pertinenza esclusiva dello psicologo.
Le componenti fondamentali di una buona psicoterapia risultano essere..
- L’empatia tra terapeuta e paziente, definita come “condizione emozionale che permetta ai membri di una diade di riconoscere e validare reciprocamente il rispettivo stato d’animo” , espressa in forma verbale e non verbale.
- La capacità del terapeuta di svolgere il ruolo di caregiver, in base alla propria disposizione personale e stile di accudimento ricevuto
- L’alleanza terapeutica che si crea fin dai primi incontri tra le due parti e legata ad aspetti del terapeuta quali la responsività emotiva , la genuinità nelle risposte, l’interesse attivo verso il paziente ed altri di cui parlerò in seguito
- Una buona compatibilità tra caratteristiche di personalità di terapeuta e paziente
- La forte motivazione del paziente , l’assenza di patologie psichiatriche importanti
- La capacità di creare relazioni umane significative
Stupisce invece che due componenti tradizionalmente considerate importanti in realtà non abbiano che una debole correlazione con la buona riuscita della terapia, e si tratta di :
- Anni di esperienza del terapeuta : un terapeuta giovane può essere efficace tanto quanto uno di lunga esperienza, dal momento che la relazione psicoterapeutica è costituita dal rapporto tra due persone e non si basa sull’applicazione standardizzata di tecniche e metodi
- Tipologia di interventi effettuati : siano essi protocollari o derivanti dalla teoria di riferimento (che risulta comunque importantissima), la loro applicazione non sortisce esiti più positivi rispetto ad un approccio eclettico (ossia basato sulle esigenze del paziente e suggestionato anche da approcci differenti rispetto al proprio)
A partire dalla meta analisi degli articoli che ho censito, pare che esistano 6 capacità fondamentali che ogni psicoterapeuta dovrebbe possedere (Whitbourne, 2011) e il cui possesso è significativamente legato ad una buona terapia :
- Un bagaglio molto esteso di competenze relazionali
- La capacità di permettere al paziente di creare la fiducia nei suoi confronti
- La volontà di creare un’alleanza con il paziente
- La capacità di spiegare al paziente il senso dei suoi sintomi e adattare questa spiegazione al mutare del quadro clinico
- Il volersi prendere la responsabilità di pianificare un intervento in modo consistente e stabile nel tempo
- Riuscire a infondere fiducia nei progressi e nella terapia
Emergono inoltre aspetti interessanti legati allo stile terapeutico più efficace, tra cui :
- Il risultare partecipativi, calmi e responsivi
- Un buon bilanciamento tra l’ascolto empatico e silenzioso e la capacità di porre domande precise e circostanziate
- La buona preparazione culturale
- La possibilità di avere un piano di intervento sempre in mente
Iniziando a riassumere, potremmo dare una definizione ancora più semplice dei due elementi nodali di ogni buona psicoterapia : l’alleanza terapeutica e l’empatia.
- L’alleanza terapeutica è ciò che rende la coppia psicoterapeuta-paziente in grado di funzionare al meglio : il terapeuta risulta approcciabile, rilassato, comunicativo, in grado di prendersi carico delle esigenze del paziente, che a sua volta percepisce queste caratteristiche e le unisce alla sua forte volontà di cambiare la situazione attuale e grande motivazione alla riuscita, anche nei momenti in cui le cose si fanno più dolorose. Inoltre il paziente ha la possibilità di proseguire la terapia senza interruzioni troppo frequenti legati alle risorse o alle patologie psichiatriche. La qualità dell’alleanza terapeutica è generalmente percepibile già dopo tre o quattro incontri, ma si manifesta più chiaramente entro i primi tre/sei mesi di terapia. Questo significa, per paziente e terapeuta, che si può valutare come andranno le cose già in tempi precoci, ed evitare di procedere oltre qualora l’alleanza non si sia creata.
- L’empatia , come capacità di comprendere sensibilmente e identificare i bisogni e le necessità altrui e riuscire a comunicarli alla persona. Questa si rende evidente anche nel reale coinvolgimento del terapeuta durante le sedute, visibile sia dal punto di vista verbale che non verbale (il terapeuta non si nasconde in un silenzio difensivo ma anzi si autorizza a riprendere il flusso della comunicazione qualora questo fosse interrotto)
Questi due elementi, combinati tra loro ed uniti agli altri fattori facilitanti (buona compatibilità paziente/terapeuta, forte motivazione del paziente, assenza di patologie psichiche gravi..) possono ragionevolmente indurci a pensare che la psicoterapia possa avere un esito migliore, in tempi più brevi e con maggiore mutua soddisfazione per le parti rispetto ad una caratterizzata da poca fiducia, frustrazione, senso di impotenza e disinteresse (reale o apparente) del terapeuta.
Concludiamo quindi alla luce di quanto detto con una buona notizia per tutti coloro i quali avessero intenzione di rivolgersi ad uno psicologo : il fattore più importante di progresso e miglioramento è la relazione umana tra paziente e terapeuta. Per quanto questa sia molto specifica e abbia dei limiti che contribuiscono a renderla terapeutica (cadenza bisettimanale, pagamento, assenza di contatti sociali al di fuori dello studio..), questa relazione si basa su molti aspetti che possiamo ritenere importanti anche nelle relazioni amicali e sentimentali. Considerato che la terapia implica un investimento di risorse economiche e temporali, oltre che la creazione di aspettative e prefigurazioni, è utile sapere che si riesce a capire fin da subito come possano andare le cose con la persona che si ha di fronte. Se non ci si sente sufficientemente compresi, ascoltati, “tenuti in mente” è forse il caso di rivolgersi ad un altro terapeuta , senza sensi di colpa, se dopo un paio di mesi non si è ancora creata una alleanza solida. Importante però non confondere la creazione di un rapporto positivo e stimolante con i miglioramenti rispetto al proprio problema : per questi può essere richiesto anche molto tempo.
(In bibliografia seguono gli articoli che ho scelto per questa analisi comparativa)
Bibliografia :
Erskine, R.G. (1998). Attunement and involvement: Therapeutic responses to relational needs. International Journal of Psychotherapy, 3(3)
Luborsky, L., Auerbach, A.H., Chandler, M., Cohen, J., Bachrach, H.M. (1971). Factors influencing the outcome of psychotherapy : a review of quantitative research. Psychological Bulletin 75 (3), pagg 145-185
Schnellbacher, J., Leijssen, M. (2009). The significance of therapist genuineness from the client’s perspective. Journal of Humanistic Psychology, 49(207).
Whitbourne, S.K. (2011). 13 qualities to look for in an effective psychotherapist. Psychology Today. Articolo ricercato il 14 aprile 2016 dal sito : http://www.psychologytoday.com/blog/fulfillment-any-age/201108/13-qualities- look-in-effective-psychotherapist