Quelle quattro cose che avrei tanto voluto sapere prima di studiare psicologia : edizione riveduta e corretta


19 Comments

Alessandra Foti

at 7:07 pm

Non posso che ringraziarti per queste tue parole che oltre ad avermi fornito informazioni preziose che io, nella mia tenera ingenuità ( xD ), ignoravo del tutto, mi hanno dato l’immagine estremamente reale e e sincera di tutto il nostro panorama professionale, cosa che per quanto davvero amara, mi ha confortato mostrandomi che non sono l’unica che la vede così! Io sono arrivata fino alla fine della lettura, perchè questa folle passione ce l’ho, ma sai anche perché? Perché alla fine sono fiera di far parte di quella piccolissima fetta di psicologi che si è ritrovata a fare questo mestiere proprio perché mentre Dio distribuiva agli altri la capacità di pensare a se stessi, di auto celebrarsi, di puntare in alto e auto realizzarsi e le hard skills che dici tu, era in fila per l’autolesionistica e controproducente empatia e per le capacità di ascolto che inevitabilmente ci tolgono l’abilità di foderarci gli occhi (e la mente) con il prosciutto, rendendoci però talmente veri da poter leggere tra le righe di qualsiasi falsificazione umana, proprio come hai fatto tu in questo articolo…..e onestamente credo che questo non sia poco come qualità umana e professionale! Per questo sono fiera di far parte della TUA categoria! ti auguro il meglio, e sicuramente continuerò a seguire il tuo blog!!!:)
Ale

    Alberto Idone

    at 5:43 pm

    Grazie a te per avere avuto la pazienza di leggere tutto quanto! Il nostro è certamente un mestiere tanto ingrato quanto pieno di soddisfazioni. Purtroppo a volte non è soltanto un punto di vista, e siamo spesso divisi tra la famosa metafora di Matrix della pillola blu (che ci permette di andare avanti, di nutrirci di idealismo, di sognare con i pazienti e a volte anche per loro) e della pillola rossa (che invece ci ricorda di quanto sia frustrante a trent’anni non essere ancora collocati all’interno della società se non per un ruolo ancillario e poco remunerativo). Molte volte nel corso della nostra professionalizzazione dobbiamo compiere questa scelta. In questo caso ho deciso di esaminare cosa ci fosse dentro la pillola rossa. Ma è certamente per quella blu che tutti noi abbiamo fatto questa scelta.

Martina

at 2:51 pm

cercando su google “le 10 cose che avrei voluto sapere prima di fare l’esame di stato…” il primo tra i risultati è stato questo tuo articolo. E non so se sia per le immagini rasserenanti, i giochi di parole o la schiettezza con cui scrivi, ma la mia attenzione non si è spostata dallo schermo fino alla fine della lettura. Grazie. Io in realtà parto da un punto diverso, essendo già mamma, lavoratrice a tempo pieno e ora ho deciso di imbarcarmi in questa avventura. Sapevo di non avere grandi prospettive di crescita lavorativa o solidità data dalla costanza del mercato, ma va così da quando, in ogni caso, sono entrata nel mondo del lavoro quindici anni fa subito dopo il diploma. Perciò navigo a vista, e nel frattempo, mi godo anche qualche panorama meraviglioso. A presto

Emma

at 6:34 pm

Hola, tengo una duda, si estudié el Grado de Psicología en España, ¿puedo estudiar un Máster o trabajar en Italia como psicóloga? ¿cuáles son los pasos a seguir allá? ¿Sabes de alguien graduado en España que lo haya hecho?.

    Alberto Idone

    at 11:28 am

    Gracias por escribirme.
    La respuesta a su pregunta no es fácil, por lo que le sugiero que se ponga en contacto con la embajada italiana en Madrid. es posible tener el reconocimiento de la calificación extranjera, pero en algunos casos es necesaria la integración. Un cordial saludo.

    AI

Daniela

at 2:33 pm

Se posso permettermi di dire la mia, sinceramente ogni giorno incontro persone che vorrebbero andare dallo psicologo ma non se lo possono permettere perché il tariffario è troppo alto, 60 euro all’ ora stando bassi per due sedute a settimana fanno quasi cinquecento euro al mese, cioè un secondo mutuo. Venendovi incontro 60 euro a settimana per una sola seduta fanno 240 euro al mese. Se abbassaste il tariffario diventereste milionari con molta probabilità. Ma chi è che al giorno d’ oggi prende 60 euro all’ ora considerando il fatto che un trattamento con uno psicoterapeuta serio, per ottenere risultati, in media, va dall’ anno, due anni in su, quindi una persona dovrebbe sborsare dai sei mila ai dodici mila euro in su in un anno.. Ma siamo seri, quasi nessuno si può permettere cifre del genere per curarsi. Quindi siate umili e onesti, che andrebbe tutto a vostro favore e non solo economico

    Alberto Idone

    at 11:30 am

    Buongiorno Daniela,

    anzitutto grazie per aver condiviso il suo pensiero, che condivido in buona parte. L’accesso e la fruizione delle cure, in particolar modo inerenti alla salute mentale e al benessere, dovrebbero quanto più possibile essere agevolati ed effettivamente rispondenti ai bisogni delle persone all’interno della società (attuale, e non quella di centocinquanta anni fa). Rispetto ad altri servizi di natura sanitaria, la psicoterapia -di qualunque orientamento essa sia- non è la prestazione più costosa che si possa trovare : le basti pensare a una visita ortopedica in un centro privato o a un ciclo di fisioterapia. Senza dubbio richiede tempo ed è un investimento per alcuni importante.

    A tale proposito mi permetto di informarla che esistono centri di psicoterapia di elevata professionalità a basso costo : proprio nel gennaio del 2019 con alcuni colleghi abbiamo fondato un centro low cost (https://www.istitutoforbas.it) che vuole proprio rispondere ai bisogni di tutte le persone che sentono la necessità di una terapia psicologica ma non hanno i mezzi per rivolgersi al privato. Pur avendo iniziato da poco, stiamo ottenendo buoni riscontri in termini di contatti e soddisfazione dei pazienti. Sono sicuro che anche nel suo territorio esistano iniziative simili.

    Un saluto,

    AI

    Valeria

    at 10:28 am

    Cara Daniela, non è esattamente così. Sono una Psicoterapeuta e a Reggio Calabria ho avviato un progetto di psicologia solidale dove le sedute hanno un costo di 25 euro per le persone che sono precarie, mamme/padri separati con figli a carico, disoccupati, disabili, ecc. Ebbene non ho la fila fuori dallo studio e non sono milionaria…anzi! Purtroppo in Italia la figura dello psicologo è spesso vista come “mi faccio una chiacchierata” (così spesso anche “spinta” da medici che non trovano una diagnosi dal punto di vista organico) e in quanto tale come prestazione che si dovrebbe offrire gratis. Ma poi, proprio tu che sei psicologo non capisci che magari uno ha bisogno ma non può permetterselo?

      Alberto Idone

      at 8:47 pm

      Salve Valeria,
      non so se si riferisse a me chiedendo se capisca la questione delle tariffe, essendo uno psicologo.
      In ogni caso forse sarebbe utile che ogni fascia della popolazione avesse diritto all’accesso ai servizi della salute mentale, indipendentemente dalle possibilità economiche.
      Penso che un livellamento verso il basso degli onorari sia d’aiuto, ma non certo risolutivo.
      Le stesse persone che ci chiedono sedute a 15 €/h sono le stesse che magari poi si rivolgono privatamente a un medico per farsi prescrivere i probiotici a 150€ a visita.
      Se siamo tutti d’accordo che il supporto e la terapia psicologica serva, inclusi gli interlocutori istituzionali, allora è anche opportuno riconoscerne il valore.

      Un cordiale saluto

Giacomo

at 2:14 am

Non ho studiato psicologia (se non per il diploma) e non intendo studiarla, ma da puro curioso di questa materia che mi affascina mi sono trovato dopo un po’ sul tuo articolo. Ti faccio i complimenti per la chiarezza, la sincerità e l’intelligenza delle cose che hai scritto, gran bella lettura.
Ciao!

    Dr. Alberto Idone

    at 11:24 am

    Ciao Giacomo. Ti ringrazio per il tuo contributo! Sono dell’idea che le persone più qualificate per cogliere la realtà odierna della psicologia siano proprio “i non addetti ai lavori”, poiché hanno uno sguardo più fresco e non autoreferenziale.
    Un saluto,
    Alberto Idone

marco

at 10:47 am

Ciao Alberto,
ottima disamina, realista e non pessimista. Sono un neo-psicologo iscritto al primo anno di una scuola di psicoterapia. Dico “neo” ma in realtà non sono nuovo nel mondo del lavoro avendo quasi 44 anni e lavorando da 24 anni per una istituzione statale dove, puoi immaginare, il concetto di psicologia è lontano quanto Urano.
Quando mi sono iscritto alla facoltà di psicologia (a 34 anni) sapevo a cosa sarei andato incontro e ovviamente trovo inverosimile che possa lasciare il mio attuale posto di lavoro per riuscire a vivere solamente da psicologo/terapeuta. Il mio futuro sicuramente si baserà sugli anni di servizio riuscendo a vivere con quello che mi sono messo da parte, la buona uscita nel caso decidessi di congedarmi e la futura pensione per gli anni di servizio (pensione che però prenderei a 67 anni, allo stato attuale delle norme). Insomma, una situazione davvero triste complicata dal fatto che noi militari non possiamo esercitare professionalmente come secondo lavoro finchè rimaniamo tali.
Mi riconoscono (e non solo io) nella descrizione che hai fatto di un percorso formativo totalmente inadeguato, autoreferenziato, inutilmente (per lo studente) lungo e senza adesione al mondo attuale del lavoro. Professori che a malapena riescono a parlare e/o a camminare data la loro veneranda età cullati solo dal proprio narcisismo ed egocentrismo nel vedere una classe che pende, obbligatoriamente, dalle loro labbra. E magari costretti a studiare, come libro di testo, quello redatto da loro.
A mio avviso hai però dimenticato la concorrenza (sleale aggiungo io) che deve subire uno psicologo e rappresentata da counselor (scandalosamente legittimati dalla legge del 2013), coach, motivatori, consulenti filosofici (sì, esistono anche questi!!); tutte figure che, di fatto, fanno in gran parte il lavoro dello psicologo (a parte diagnosi e somministrazione di test) ma che non avendo gli stessi oneri (obbligo di emettere fattura, iscrizione all’Ordine, obbligo di laurea/corsi post laurea), riescono a fare tariffe sensibilmente più basse.
Insomma, sembra essere proprio una professione dove chi arriva si sente in diritto di inzuppare il biscotto.
Vero è che la società non è per niente educata all’introspezione e alla conoscenza interiore ma solo alla spicciola produzione fisica come anche le persone (hai fatto bene l’esempio dell’operario oggetto di mobbing), si ritrovano a essere trattate come oggetti (Erich Fromm e la sua alienazione sono stati profetici). Sono stato in società dove c’erano delle dinamiche altamente disfunzionali tra i loro componenti ma la proposta di effettuare delle riunioni di gruppo ogni 15 giorni per assumerne consapevolezza e risolverle, veniva vista come una mera perdita di tempo. Risultato: la società si è praticamente sfasciata dopo soli 2 anni ma nel frattempo la proposta di uno psicologo veniva vista alla stregua di uno sciamano di chissà quale tribù africana che tenta di guarire un tumore con la sola invocazione degli spiriti degli antenati.
Dovrebbero cambiare troppe cose per invertire tale marcia, prima fra tutte la cultura della società stessa. Io non credo che riuscirò a vedere questo cambiamento.
Nel frattempo resto fisso sulla mia missione morale perchè, come hai detto, un bravo psicologo/terapeuta può veramente aiutare una persona che ha bisogno e questo a prescindere dall’aspetto economico.
Situazione molto triste, certo.

    Dr. Alberto Idone

    at 11:38 am

    Ciao Marco, grazie per il tuo contributo!
    La questione in merito alla formazione post universitaria degli psicologi è un terreno abbastanza accidentato, a mio avviso. Da un lato spinge alla revisione critica di quanto appreso in università (quarantadue esami e non sappiamo fare una diagnosi? Qualcosa non va..), dall’altro palesa la completa eterogenità delle proposte sul mercato, ed insisto in particolar modo sulla qualità degli insegnamenti. Siamo apparentemente bloccati in una dialettica di “utilità” (spendibilità, contributo per l’organizzazione, per la società, per il paziente) versus “tradizione” (si è sempre fatto così, gli assunti di base non si devono discutere, la società deve adattarsi alla proposta terapeutica..). Credo che questo conflitto debba essere sanato, se non altro all’interno di noi stessi : personalmente, una volta finita la scuola di specializzazione, ho conservato tutto il buono che avevo appreso ma ho anche disconosciuto quanto mi sembrasse eccessivamente inapplicabile e mero sofismo (che non è riflessione ma solo complicazione per il gusto di poter dare una risposta già pronta).
    Counselor, life coaches, educatori psico-olistici non mi preoccupano più di tanto, anzi tutto per il fatto che se altre “professionalità” propongono interventi alla lontana simili ad una terapia psicologica e ne traggono profitto commerciale, nulla ci impedisce come categoria di svolgere anche terapie più brevi, centrate sul problema, focalizzate sul sintomo. In buona sostanza, nella matrioska formativa, dovremmo essere già intrinsecamente counselor e life coaches.
    Lo scenario non pare essere roseo, non tanto per il limitato bacino di utenza, quanto più per le modalità di contatto di tale popolazione. Questa va informata e con questa ci dobbiamo confrontare con strumenti propri del marketing e del commercio : strumenti che non sono neanche considerati come indispensabili nei corsi di laurea e nelle specializzazioni, ma che risultano essere di sopravvivenza, alla stregua delle teorie dell’attaccamento o dei disturbi d’ansia. Un ripensamento creativo è davvero necessario.

    Cordiali saluti,
    Alberto Idone

Valentino

at 1:21 pm

Ho letto tutto l’articolo e mi è piaciuto molto.
Condivido pienamente quello che scrivi, sono analisi piuttosto oggettive e difficilmente controvertibili. Io sono un laureato in Scienze della Formazione e al termine del percorso di studi ho appurato, che anche in ambito formativo, tra il dire e il fare c’è di mezzo una cultura conservatrice radicata ad antichi fondamenti ormai non più sufficienti.
Io penso che sapere cosa scegliere nella vita, sia un po come avere un talento, raro dono che in pochi possiedono e che neanche tutti sanno sfruttare.
Complimenti comunque per la disamina, a tratti anche divertentemente ironica.

    Alberto Idone

    at 8:42 pm

    Grazie per il contributo, Valentino!

Emanuele

at 12:31 am

È stata una lettura squisitamente scorrevole e spassosa!
Ti ringrazio per la brutale ma chiarificatrice onestà. Era esattamente il tipo di solidarietà di cui avevo bisogno.
Sto per concludere, se tutto va bene, un percorso ITS che, al contrario di quello da te affrontato, garantisce attualmente un elevato tasso di occupazione post diploma coerente con l’ambito degli studi, unito a opportunità di guadagno più che dignitose. Qui le hard skill non mancano certo!
Mi sono reso conto però che, sebbene le soddisfazioni arrivino anche dal tipo di attività proprie del settore ICT, quello nel quale mi sto formando, le mie passioni coincidono molto più con le questioni umanistiche. L’orizzonte lavorativo da te delineato non risulta affatto rassicurante, ma penso che valga comunque la pena provare a seguire le proprie più autentiche ambizioni nella vita, pena il rimpianto. Dopotutto sono anche un discreto ammiratore di cinici e stoici, motivo per cui il privarmi degli eccessi materiali non mi scuote più di tanto. Sono disposto a sacrificare la remunerazione se ciò mi permette di essere più appagato intellettualmente e emotivamente.
Io però ritengo che le prospettive applicative della psicologia dovrebbero essere enormemente ampliate. Ti sottopongo un quesito: secondo te si potrebbe arrivare nei prossimi 10 o 20 anni, in Italia, a includere nei corsi studi dalle medie in poi tutte quelle materie trasversali che mirano a educare alla cura del proprio benessere psico-fisico, finanziario, politico, sociale, filosofico e, perché no, religioso? Per non parlare della sensibilizzazione alla questione ambientale, che però non sembra mancare del tutto al momento.
Tutte queste cose le ho sempre dovute approfondire al di fuori del contesto scolastico, fatto salvo per quanto avveniva nella mia poliedrica ora di religione e, talvolta, in quelle di lettere o filosofia. Dal punto di vista formativo, le ritengo rilevanti almeno tanto quanto le tradizionali.

    Alberto Idone

    at 4:10 pm

    Ciao Emanuele e grazie per il tuo riscontro positivo!
    Spero che la tua scelta di formarti anche dal punto di vista umanistico ti possa portare quell’arricchimento e quella ampiezza di prospettive che talvolta (ma solo talvolta) può sembrare mancante nelle professioni tecnico-scientifiche.

    Rispetto alla tua domanda, mi trovi d’accordo sulla necessità di ripensare i programmi scolastici e di puntare sugli aspetti di valorizzazione del benessere (psicologico, sociale, fisico..). Per quanto riguarda la fattibilità della proposta, sarebbe necessario trovare una adeguata rappresentanza politica parlamentare in grado di farsi portavoce di quello che sarebbe un grosso cambio di paradigma rispetto alla situazione attuale.
    Chiedo anche a te : pensi sia possibile? Su che cosa punteresti?

    Un cordiale saluto,

    Alberto Idone

      Emanuele

      at 4:45 pm

      Grazie per la tempestività della risposta, Alberto. Non ricevendo notifiche di alcun genere in merito alle risposte ai propri commenti non ho avuto modo di leggere il tuo intervento fino a oggi.

      Temo che, alla luce dello stato attuale dell’economia nazionale e internazionale, l’interesse politico più diffuso sia quello di dare incentivi alla produzione (e quindi al consumo) e, al più, quello di trasmettere il valore di rispettare l’avversario nella competizione. Finché dunque il benessere personale non verrà interpretato come vantaggioso dal punto di vista dello produttività individuale, difficilmente si desidererà il cambiamento.
      Una prospettiva differente potrebbe emergere nel lungo termine (è anche per questo che nel messaggio mi riferivo ai prossimi dieci o venti anni) qualora si diffondessero più densamente certe idee, ma soprattutto consapevolezze della nostra essenza. Un processo culturale del genere credo sia attuabile attraverso una efficace divulgazione delle scienze, cosa che su piattaforme web frequentate anche dai più giovani mi sembra stia prendendo già abbastanza piede.

        Alberto Idone

        at 2:04 pm

        Sono d’accordo con la necessità di maggiore divulgazione delle scienze, inclusa quella che valorizza la salute mentale e tenta di spiegarne il funzionamento/disfunzionamento.
        Progettare le condizioni affinché un individuo tuteli e migliori il proprio benessere penso faccia parte di una cultura della cittadinanza (dello stare al mondo come persone) che richiede ampio respiro da parte di chi progetta e attua le politiche per ogni singolo paese. Si pensa molto al breve termine, alla cura del sintomo eclatante, al vantaggio inteso come astensione dalla spesa… con risultati evidenti a tutti.

        Grazie per il tuo contributo,

        AI

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