La pornografia può aiutare la sessualità?

La pornografia può aiutare la sessualità?

 

Uno dei grandi meriti del pensiero freudiano penso possa essere condivisibilmente quello di aver parlato della sessualità umana e dello sviluppo psicosessuale in una società vittoriana facile alle pruderie e alla censura di ogni istinto viscerale, eredità inevitabile della nostra appartenenza al mondo animale. È sufficiente pensare a tutti i vigorosi divieti di esporre anche solo piccole parti del corpo, o l’atteggiamento persecutorio nei confronti della masturbazione. C’è da aggiungere, però, che esiste un parallellismo tra la preoccupazione attuale per le malattie sessualmente trasmissibili (in particolar modo per l’HIV, dagli anni ottanta a seguire) e la diffusione della sifilide, ad esempio, nel tardo XVIII e primo XIX secolo, tale da creare una associazione concettuale tra la promiscuità sessuale e il rischio di epidemie catastrofiche. In un contesto nel quale la sessualità doveva essere controllata non soltanto attraverso l’interiorizzazione di stringenti norme morali, ma anche attraverso il controllo familiare, risultava quasi imprescindibile una discussione politica e sociale dei provvedimenti da mettere in atto per limitare le libertà personali ed evitare il catastrofico crollo della società civile. Sigmund Freud, spinto probabilmente anche dal suo essenziale spirito scientifico e di ricerca, compie geniali intuizioni sulla natura della sessualità umana, e decide di rompere con la tradizione censoria e condividere con il pubblico dapprima europeo i risultati delle sue ricerche e del suo lavoro clinico, attirando a sé – ça va sans dire – lo stesso trattamento riservato a Charles Darwin nel momento in cui propose la teoria dell’evoluzione umana.

 

La pornografia può aiutare la sessualità

 

Molti avvicendamenti storici si sono verificati dalla morte di Freud (e dalla crescita ed evoluzione del suo pensiero) ad oggi. Basti pensare alla diffusione degli anticoncezionali, che hanno permesso un controllo efficace delle nascite e dato alle donne la possibilità di non essere soltanto recipienti con funzione generativa ma anche padrone del proprio corpo e delle sue funzioni più private. Si potrebbe anche citare la nascita del movimento femminista, che ha ulteriormente sottolineato il possesso individuale del corpo e il diritto di autonomia decisionale rispetto ai temi civili, certamente, ma anche la possibilità di non conformarsi con le aspettative che la società fino a quel momento ha sempre avuto nei riguardi del genere femminile : non più soltanto compagne e mogli ma donne in grado di decidere per sé stesse e in grado di opporsi ideologicamente all’oggettivazione e alla spersonalizzazione da parte dell’uomo. Più recentemente, e senza dubbio trascurando per questioni di brevità altri momenti cardinali nel corso della storia della sessualità contemporanea, la sintetizzazione della molecola del Viagra (e del Cialis), che ha dato in questo caso all’uomo la possibilità di superare alcuni limiti fisici e psicologici che impediscono la permanenza dell’erezione, consentendo di riappropriarsi (fittiziamente o meno..) del proprio vigore fallico attraverso l’assunzione strategica di una compressa.

La pornografia si introduce idealmente nell’area della privatezza, intesa sia come spazio della fantasia che come domesticità. Sebbene possa sembrare un aspetto relativamente recente della sessualità umana, l’esposizione degli atti sessuali e la sua raffigurazione è in sostanza coincidente con la capacità degli esseri umani di produrre immagini ; un esempio su tutti, e neppure particolarmente remoto, è quello degli affreschi erotici di Pompei ed Ercolano, che forniscono un vivido resoconto della sessualità in epoca romana, oltre che assolvere alla funzione di “stimolante” per gli avventori del lupanare e di gioiosa invocazione divina (nel caso degli affreschi che raffigurano Priapo, ad esempio). I corsi e ricorsi della storia hanno più volte censurato queste rappresentazioni licenziose, che sono però sempre riemerse, sia in senso metaforico che concreto (attraverso restauri di ripristino e riaperture al pubblico).

 

 

Cos’è che spaventa della pornografia?

 

 

 

A questo interrogativo si potrebbe rispondere, come d’abitudine, considerando più aspetti della questione : l’aspetto sociale, quello individuale e pertinente al corpo e alle sue funzioni, quello valoriale.

  • Dal punto di vista sociale la pornografia ha preoccupato e scandalizzato per la supposta capacità di rendere accettabile l’inaccettabile : l’accoppiamento con finalità di puro piacere e senza funzioni riproduttive, l’esposizione del corpo maschile e femminile in una forma non artistica ma votata esclusivamente all’osservazione voyeuristica, il timore per una liberazione (in senso antirepressivo) dai vincoli morali della società e la sua degradazione, anche alla luce di una maggiore diffusione di malattie sessualmente trasmissibili.
  • A livello individuale e relativamente al corpo e alle sue funzioni, la diffusione della pornografia può avere innescato tendenze al confronto tra il corpo raffigurato e quello proprio. Interrogarsi sulla propria adeguatezza paragonando sé stessi ad un attore o ad una attrice può essere irrealistico e comunicare l’implicito messaggio che ciò che viene presentato dalla pornografia sia la realtà quotidiana e un modello di normalità.
  • Se consideriamo poi l’aspetto valoriale, la pornografia si pone in antitesi con molti precetti religiosi, propagandando il godimento privo di colpa, la sperimentazione attraverso il corpo, interrompendo tra l’altro (in modo fantasticato) la mutualità tra le parti coinvolte negli atti sessuali e talora focalizzandosi su parti del corpo anziché sul corpo nella sua interezza.

 
 
 

La pornografia può aiutare ad avere una sessualità migliore?

 

 

 

Migliore…rispetto a cosa? Se consideriamo in una ipotetica linea il tempo passato come repressivo e quello presente come espressivo , allora in tale caso anche il semplice mutamento dei costumi ha permesso una migliore vita sessuale, in termini generici, secondo l’ipotesi per cui ad una minore censura (od autocensura) corrisponde una maggiore salute mentale. La pornografia in questo caso ha infranto i tabù, permettendo alle persone di esplorare, nella propria privatezza, fantasie e desideri che trovano una espressione tramite l’identificazione con ciò che si guarda. Ma la privatezza può essere anche lo spazio della coppia, intesa come diade adulta unita da un legame sentimentale oltre che fisico : attraverso il contenuto erotico si può trovare una ulteriore forma di scambio, di comunicazione del desiderio inespresso, di complicità e migliore mutua soddisfazione sessuale, che proprio in quanto apparentemente esterna (ossia vista, commentata, ma non prodotta e generata) fa da linguaggio dell’intimo, un lessico che si basa sull’indiretto e sul riferimento a persone o pratiche viste e considerate come gratificanti. Inoltre, le produzioni erotiche o di stampo francamente pornografico possono avere (è bene sottilineare l’ipoteticità) perfino una funzione didattica, di conoscenza del proprio corpo, di apprendimento e di sperimentazione, anche alla luce del fatto che l’educazione sessuale rimane carente in un contesto come quello italiano, profondamente influenzato dalla morale cattolica e imperniato sul senso di colpa verso quasi tutto ciò che ci possa gratificare. Concordano con questa linea di pensiero anche alcuni filoni del femminismo (pornografia liberatoria ed empowering, ossia in grado di dare maggior potere alle donne), sebbene non si possa delegare l’educazione sessuale in toto alla pornografia, poiché questo creerebbe forti disinformazioni e genererebbe aspettative, sì, decisamente irrealistiche riguardo al coito, al corpo, alle sue funzioni. In poche parole, da un film d’azione si può anche indirettamente capire come portare un aereo su una pista di atterraggio, ma si tratta di una semplificazione che certamente non ci rende piloti e pilote. Parimenti con la pornografia : si può basare su corpi reali ed azioni concrete, ma non è una rappresentazione fedele della realtà.

Esiste un rischio, forse, che ha a che fare con la nostra natura animale fortemente votata a ricercare ciò che ci soddisfa e a rifuggire ciò che ci fa male o non ci allevia da una condizione di disagio : la dipendenza. Così come il consumo di alcol può indurci all’alcolismo, e il consumo smodato di droghe farci diventare da esse dipendenti, anche la pornografia possiede la capacità latente di diventare addictive , qualora diventi indispensabile e sostitutiva di una vita sessuale che non sia masturbatoria. In effetti, la possibilità di avere accesso ad una fonte pressoché infinita di contenuti erotici (grazie anche ad internet e al progresso tecnologico) suddivisi per categorie molto variegate e rispondenti ad ogni possibile parafilia (ovvero feticismo e scelta non convenzionale dell’oggetto di attenzione sessuale) può rendere il rapporto umano – diciamo freudianamente genitale – del tutto superfluo.

Se la pornografia può migliorare la vita sessuale della persona e della coppia ponendosi come strumento di comunicazione e come area della fantasia con la quale confrontarsi, attenuando il senso di diversità e bizzarria che talvolta accompagna certe preferenze, e ha la capacità indiretta di funzionare come agente di informazione sessuale, certo è che può anche diventare abitudine, dipendenza, fissazione. E credo inoltre che abbia senso, concludendo, citare due studi recenti : uno di Milton Diamond (2009) e uno di Twohig (2009). Nel primo, intitolato “Pornography, public acceptance and sex related crime”, Diamond aiuta a dissipare alcuni pregiudizi legati al materiale di natura erotica e la sua disponibilità : ci conferma che l’accesso al pornografico non ha aumentato i crimini sessuali (in taluni casi ha contribuito alla loro diminuzione), che l’atteggiamento generale è di tolleranza e accettazione nella maggior parte dei paesi occidentali, e che l’unico aspetto che la maggioranza delle persone prese in esame ha manifestato vocalmente è quello riguardante la restrizione all’accesso per i minori e i bambini. Pare quindi confermata l’ipotesi che una gratificazione fantasticata, come quella offerta dalla pornografia, può funzionare da recettore neutralizzante di impulsi sadici, antisociali, parafiliaci o di altra natura che altrimenti richiederebbero una soddisfazione concreta, con il rischio di sfociamento in attività illegali o non consensuali. Nel secondo studio invece Twohig ha esaminato il fenomeno dell’utilizzo di materiale pornografico su internet , intervistando un ampio campione di studenti e studentesse universitarie e cercando di fare chiarezza sulla questione riguardante al consumo di tali materiali : costituisce un problema? Può avere effetti dannosi per la propria salute mentale e il proprio benessere (nei termini di comparsa di pensieri intrusivi o maggiore difficoltà nella ricerca di un partner di simili gusti)? I risultati hanno disconfermato le infauste aspettative iniziali, mettendo in evidenza che il problema maggiore dell’utilizzo di materiale pornografico ha a che fare con il senso di colpa che può accompagnarlo e con il tentativo di controllare e reprimere i propri impulsi. Tanto più le persone tentano di esercitare un controllo, e tanto maggiormente vivono il rapporto con il sesso e l’erotismo in modo problematico, anche per il conflitto con i dettami religiosi o con la propria morale. Non è quindi il pornografico in sé ad essere un problema, ma il rapporto con esso. E di converso si può anche pensare che non possa essere la soluzione , ma talvolta un utile strumento di espressione personale e di esplorazione delle proprie fantasie.

 

Bibliografia :

 

Diamond, M. (2009). “Pornography, Public Acceptance and Sex Related Crime : a Review”. International Journal of Law and Psychiatry, vol. 32, n°5, pagg 304-314

Twohig, Michael P., Crosby, Jesse M., Cox, Jared M. (2009). “Viewing Internet Pornography : For whom is it problematic, how, and why?”. Sexual Addiction & Compulsivity , vol. 16, n°4, pagg. 253-266.


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